Cavalli di Sicilia

Il cavallo Sanfratellano - L’ Indigeno siciliano - Puro sangue Orientale





 






di  Di Giuseppe Majorana – Alessandro Zumbo


Il cavallo Sanfratellano

San Fratello conosciuta per il suo tipico dialetto (di matrice gallo-italica), incomprensibile se usato nella parlata più stretta, costituisce nell’areale dei Nebrodi un’importante isola allevatoria grazie al suo superbo cavallo, unico esempio in Italia, e tra i pochi in Europa, che vive completamente allo stato brado.
Di questa popolazione cavallina troviamo notizia nel “giornale di Lettere, Scienze ed Arti per la Sicilia” edito a Palermo nel 1826, e si sa anche con sicurezza che nel 1923 uno stallone Sanfratellano vinse il primo premio assoluto di £ 1.500 alla mostra cavallina tenutasi a Catania sotto il patrocinio di Enrico Grimaldi, principe di Nixima. Ma al di là di queste due notizie certe, le origini storiche di questo cavallo sono a volte contraddittorie e non sempre attendibili a ragione della scarsa bibliografia. Questa popolazione potrebbe, come vogliono i Sanfratellani, essere arrivata in Sicilia con i Longobardi, che nell’undicesimo secolo giunsero profughi nell’isola, al seguito di Adelaide, terza moglie del Conte Ruggero, e si stabilirono sui Nebrodi, a San Fratello, dove continuando a mantenere le loro tradizioni fecero accoppiare i loro cavalli con quelli indigeni presenti in Sicilia fin dall’epoca preromana. Oggi però la tesi più attendibile è quella dello storico siciliano Francesco Longhitano Ferraù, secondo cui in questo cavallo è presente sangue dei cavalli asiatici che i diversi popoli europei di ritorno dalle crociate abbandonarono nel Messinese. Il primo sbarco Normanno nella fascia del mar Tirreno avvenne il 13 febbraio del 1061 d.C. nel porto di Milazzo. In tale circostanza oltre alle truppe sbarcarono pure i cavalli. Dopo l’esito favorevole della battaglia con i Saraceni, i Normanni decisero di lasciare i loro cavalli nella zona boschiva di San Fratello. Nacque così il primo grande allevamento che sarebbe servito al rifornimento militare delle truppe in caso di necessità. Questa tesi è condivisa dal Prof. Luigi Chiofalo, secondo il quale questi cavalli sono stati in seguito accoppiati con l’antico cavallo siciliano, nella cui matrice genetica vi era il sangue dell’orientale. Per altri autori le dominazioni che seguirono la Normanna e cioè la Sveva prima e la Spagnola poi, influenzarono il patrimonio genetico del Sanfratellano con l’introduzione di sangue iberico, contribuendo, così, ad aumentare la variabilità genetica nella popolazione cavallina Sanfratellana. Successivamente, come riportato, altri incroci furono effettuati per la sua formazione ed in particolare furono usati stalloni Hachney, Mecklemburgh, derivati Inglesi, Anglo-orientali, Maremmani e Nonius.
E’ noto che nel 1925 e nel decennio seguente, presso le stazioni di monta, al fine di eliminare alcuni difetti di base, quali la testa pesante, il marcato profilo montonino, le ganasce cariche, la spalla breve, ecc., furono impiegati stalloni di mole piuttosto rilevante, di derivazione orientale ed inglese.
Nel 1934 furono immessi 7 stalloni, di cui uno derivato Orientale (Bricco), quattro derivati Inglesi (Maccarese, Elini, Errante e Dardo) e due Maremmani (Zello e Uscocco). Questi riproduttori, che furono utilizzati nelle stazioni di monta della zona per circa 10 anni, hanno formato la struttura di base dell’attuale cavallo, ingentilendo le forme, migliorando il carattere, aumentando l’altezza al garrese senza però togliere l’innata frugalità, la robustezza della struttura scheletrica, la resistenza alla fatica e alle avversità atmosferiche tipiche del Sanfratellano e trasmesse dalle sue fattrici. I figli di questo gruppo di stalloni, piuttosto numerosi, acquistati dall’Istituto di Incremento Ippico di Catania, furono impiegati per il meticciamento selettivo fino al 1958. Durante questo periodo del meticciamento selettivo fu ridata una spruzzata di sangue maremmano, introducendo in razza gli stalloni Zolfo, Zero e Zimbello. Nel 1959 l’allora Direttore dell’Istituto di Incremento Ippico di Catania, Col. Paolo Marsala, importò dall’Ungheria cinque stalloni Nonius al fine di aumentare le masse muscolari e di dare uniformità al mantello, oggi privo di particolarità a sede fissa. A partire dal 1968-69 furono nuovamente immessi in razza due stalloni maremmani di notevole mole e di ottima morfologia Caino e Castello per proseguire quel lavoro di incrocio mai interrotto, almeno in alcune famiglie, senza peraltro tralasciare di praticare il meticciamento selettivo. Da quanto su esposto è facile intuire che il Maremmano è senz’altro la razza che più di tutte è stata impiegata nel Sanfratellano, come dimostrato da studi condotti esaminando e comparando i gruppi sanguigni di esemplari delle due razze, e studiando il polimorfismo genetico delle caseine del latte di fattrici Sanfratellane.
Il cavallo Sanfratellano attuale che è iscritto ad un registro anagrafico ed è sottoposto a piani di selezione, appartiene al tipo mesodolicomorfo e presenta grande resistenza organica, rusticità ed eleganza. I dati biometrici e morfologici vengono rilevati generalmente a 30 mesi di età.
Lo standard prevede per i maschi: altezza al garrese cm 150-155, stinco cm 19-22, torace 172-190; per le femmine le misure sono leggermente inferiori. Il completo sviluppo è raggiunto a circa 5 anni con peso di kg 530-580 per i maschi e di kg 500-550 per le femmine. La testa si presenta leggermente pesante con profilo quasi rettilineo, masseteri sviluppati, ma alcuni soggetti presentano profilo montonino e sono carichi di ganasce; il collo è rettilineo con folta criniera. Garrese di buona conformazione, ben attaccato alla spalla; il dorso è di giuste proporzioni e mai lungo, può tuttavia presentare nelle femmine e fattrici una lieve insellatura in relazione al tipo di allevamento brado ed al ruolo stesso di fattrice; la groppa ampia e muscolosa tendente al quadrangolare ha spesso una direzione inclinata. Il torace è ampio e profondo e generalmente risulta armonicamente attaccato alla spalla ed al petto; la spalla è muscolosa con buona inclinazione. Gli arti sono robusti e di notevole sviluppo scheletrico e muscolare, con braccio di giusta lunghezza ed inclinazione, avambraccio proporzionato, stinco robusto con tendini forti ed evidenti, nodelli di buone proporzioni provvisti di barbetta; zoccolo molto solido. Il mantello è baio o baio oscuro, privo di particolarità a sede fissa.
Il Sanfratellano è un cavallo coraggioso, intelligente ed estremamente affidabile una volta addestrato. Dotato di grande adattabilità ad ogni situazione, non teme le avversità climatiche poiché avvezzo allo sfruttamento di aree marginali. Per quanto riguarda i possibili impieghi il cavallo Sanfratellano si presenta estremamente versatile. Esso in passato è stato utilizzato per il tiro leggero e soprattutto per la produzione di muli, oggi troverebbe un concreto impiego in alcune discipline equestri, risultando al contempo un ottimo cavallo da scuola per i maneggi, ma soprattutto un’impareggiabile “amico e compagno” per il turismo equestre e le discipline ludico sportive ad esso collegate. Recentemente alcuni soggetti in purezza o incrociati sono stati utilizzati, con buoni risultati, in gare di dressage e salto ostacoli e persino, considerato il suo equilibrio, sulle piste del circo equestre sia in Italia che all’estero.

L’ Indigeno siciliano

La Sicilia è caratterizzata da una delle più rilevanti tradizioni equestri oggi note e vi si rileva, in particolare l’esistenza di due realtà zootecniche autoctone di eccezionale pregio: il Puro sangue Orientale e l’Indigeno Siciliano.
Il PSO da sempre ha contribuito all’allevamento dell’indigeno ed è assolutamente necessario a mantenere e confermare le caratteristiche di rusticità, resistenza ed indole che caratterizzano la produzione comune indigena.
La popolazione autoctona di Indigeno, facente parte del Centro Genetico del Mediterraneo, ha caratteristiche che denotano una certa omogeneità di caratteri a fondo Orientale (Asiatico e Africano), con la presenza anche di sangue Anglo-Orientale, Inglese e loro derivati.
La diffusione di tali produzioni in un territorio di limitata diffusione (quello Regionale Siciliano), ma che comprende realtà ambientali di vario tipo, costituisce un prezioso serbatoio di variabilità genetica particolarmente atto a sostenere la richiesta degli indirizzi emergenti della domanda del comparto del turismo equestre. E pertanto nasce l’opportunità di identificare i soggetti per sviluppare un programma allevatoriale, fortemente qualitativo, su base autoctona del Cavallo Siciliano che, per tipo ed indole, è particolarmente idoneo ad una pluralità di impieghi, contribuendo al mantenimento e al ripristino ambientale del territorio stante le sue riconosciute caratteristiche di rusticità.
In Sicilia esistono tre zone ippiche: di montagna (Nebrodi, Madonie, Etna), collinari (Iblei, Sicani), di pianura (Trapani, Catania, Gela, Siracusa, Agrigento).
La Sicilia al centro del Mediterraneo è da sempre il crocevia di un continuo interscambio di riproduttori, nonché delle diverse scuole e metodi sia di utilizzo che di addestramento.
Fra l’altro i seguenti autori: Bonadonna, Bizzi, Chiari, Colonna, Fogliata, Forte, Gandini, Griglio, Guaita, Manetti, Mascheroni, Marsala, Moreschi, Pagnacco, Polizzi, Priola, Ricci, Romolotti, Salvi,Tucci, Turriti, Volpini, riconoscono come la base dell’Indigeno Siciliano sia costituita sia da razze Asiatiche che Africane, con prevalenza di quest’ultima.
La Storia più recente, supporta tale tesi, che trova ulteriore conferma nei diversi popoli venuti in Sicilia dove depositarono le loro civiltà. Arabi, Normanni, Austriaci, Spagnoli.
Molte furono nei diversi periodi storici le esportazioni di cavalli siciliani.
Cavalli Siciliani furono esportati in Spagna nel 1464 presso la corte del Re a Barcellona ed anche Lorenzo dei Medici detto il Magnifico, ebbe un destriero della Sicilia in dono fra il 1464 e il 1469. Lorenzo volle ricambiare con regali d’enorme valore.
Altri cavalli nel 1467 andarono a Roma per servizio della Corte Pontificia di papa Paolo II, come anche alcuni stalloni Siculi che Francesco Gonzaga usava per la riproduzione delle sue mirabili razze del Mantovano insieme a stalloni Napoletani, Spagnoli, Turchi e Berberi.
Antonio de Calcho, inviato dal Marchese Ludovico Gonzaga, compra a Messina 11 Aprile del 1477 quindici puledri di nome: Desiato, Sansone, Libera fortuna, Allegro core, Saporito, Francofonte, Capitanio, Artale, Farsalia, Salomone, Carera, Compagnone e Lodulo, nonché un corsiero moro. Lo stesso Antonio de Calcho il 26 agosto del 1478 scrive al suo signore la difficoltà di levare dalla Sicilia cavalli, in quanto nell’isola vi erano più inviati, per comperare cavalli, per conto di vari gentiluomini, che non cavalli.

Puro sangue orientale




Dal Caracciolo, conosciamo come in Sicilia nel 1566 erano presenti 28 razze baronali distribuite nelle diverse zone dell’isola, oltre alle regie razze, già implementate da Filippo I Re di Sicilia (II di Spagna) che importò nel 1563 “Belle Cavalle del Mondo Andaluso per ripristinare le Regie Razze”.
Ferdinando I dei Borboni di Napoli nel feudo della Ficuzza aveva istituito una particolare razza di Cavalli, utilizzando le migliori razze locali, nonché 58 animali fatti arrivare da Persano e da Carditello; fatto sta che la razza, nel 1824, un anno prima della morte di Ferdinando, contava 566 animali.
Oggi l’indigeno Siciliano è per lo più caratterizzato, nelle sue diverse realtà, dal tipo mesomorfo e mesodolicomorfo. Ha una testa leggera, o quadrata dal grande occhio, o convessa con occhio piccolo e vivace. Il collo è di giuste proporzioni a forma piramidale. Linea dorso-lombare dritta e piana. Arti lunghi con muscoli forti, tendini asciutti e staccati, articolazioni larghe e forti, zoccoli proporzionati alla mole e molto resistenti. L’altezza varia da 140 a 158 cm a seconda delle zone di allevamento. E’ di indole docile, frugale e resistente. I mantelli sono: grigio, sauro, morello ma risulta prevalente il baio nelle sue diverse gradazioni.

Puro sangue Orientale
In Sicilia è presente il Puro Sangue Orientale, la cui entità razziale è sopravvissuta ed è certificata nello Stud Book Italiano, istituito con Regio Decreto n° 2690 del 19/09/1875, con l’intento di registrare i cavalli di razza pura destinati alla riproduzione e costituire, inoltre, un documento certo a servizio della selezione e dell’allevamento. Nella ricerca di notizie sulle tipologie dei cavalli allevati in passato in Sicilia, si rileva una costante e significativa presenza di cavalli provenienti dal Medio Oriente e dall'Africa che nel Mediterraneo centrale, per caratteristiche climatiche simili e per le migliori condizioni alimentari, hanno trovato un'ottima patria adottiva (Chicoli, 1870).
Del resto l’incrocio tra le due diverse razze nel bacino del Mediterraneo esiste da migliaia di anni. In Sicilia vi fu una preferenza per il Tipo Asiatico fino alla battaglia di Imera (odierna Termini Imerese) nel 480 a.c., mentre in seguito sembrò preferito il Berbero (Mascheroni,1927). L’utilizzo delle due diverse razze a sangue caldo nella selezione viene espressa nel regolamento all’articolo 11, capitolo II “Del Libro genealogico del puro sangue” in cui si legge: “Colla denominazione di puro sangue arabo sono designate le razze orientali, comprese le africane, delle quali dovrà essere certificata la provenienza”. Nel primo libro pubblicato, difatti, viene usato il termine Arabo. Con la pubblicazione del secondo libro, avvenuta nell’anno 1886, è stato usato il termine Orientale, anche perché la cultura dell’ippologia europea, con Orientale voleva indicare l’asiatico e l’africano, nonché i prodotti che ne derivano secondo le tradizioni proprie del bacino del Mediterraneo.
Dal 1864 molteplici furono le importazioni in Italia e soprattutto in Sicilia di cavalli orientali provenienti dalla Siria e dalla Mesopotamia direttamente dalle tribù beduine.
In quegli anni, infatti, i Baroni Grimaldi di Nixima, allevatori siciliani di altissima competenza, importarono dall’Arabia stalloni e fattrici orientali provenienti dalle migliori linee genealogiche del tempo, appartenenti ai ceppi Hamdani, Saglawi, Kuhaylan, e Abayan, iniziando un preciso ed eccellente indirizzo zootecnico che ha lasciato un impronta indelebile fino ai nostri giorni.
Nel 1883 furono importati gli stalloni Cuch, Schiakin e Zariff e nel 1892 le fattrici Seeda e Harimè.
Fu proprio lo stallone Cuch, sauro, nato in oriente nel 1877 da Gelan di razza Nedjed e da Giuma di razza Hamdani, il vero capostipite della razza Grimaldi che è oggi presente nell’albero genealogico dell’attuale PSO siciliano.
Quasi nello stesso periodo i Depositi Stalloni Governativi e l’Arma di cavalleria con le Commissioni presiedute dagli ippologi Ajroldi, Nobili e Marino iniziarono ad importare dall’Oriente numerosi stalloni e fattrici orientali, molti dei quali furono assegnati al Deposito di Catania operando con ottimi risultati in quasi tutte le province dell’isola. Anche altre famiglie siciliane costituirono eccellenti allevamenti per la produzione di soggetti orientali in purezza ed anglo-orientali: tra questi quello del Barone Giuseppe Majorana della Nicchiara. Da ricordare, inoltre, l’importante opera svolta dall’Allevamento Tenuta Ambelia, il quale tutt’oggi rimane l’unico Haras pubblico rimasto in Italia a tutelare le tradizioni della selezione italiana e la biodiversità di questa razza in estinzione allo stato critico.
Durante i primi anni del novecento il deposito di Catania continuò ad importare stalloni orientali dall’Asia, dall’Ungheria, dalla Francia, dalla Polonia, dal deposito di Persano e da quello di Ozieri, acquistando, inoltre, pregevoli riproduttori nati in Sicilia. Numerose furono in quel periodo anche le esportazioni, vista l’ottima qualità dei soggetti: infatti, stalloni Orientali siciliani furono inviati in Grecia, Ungheria, Libia, India e Germania.
Da tutto ciò si comprende come sia stata prolungata e continua nel tempo l’introduzione di una matrice genetica di tipo arabo-asiatico che ha sempre trovato un perfetto adattamento alle condizioni climatico-ambientali della Sicilia.
Significativa è al riguardo l’opinione espressa dal Fogliata (1910) il quale considerava la Sicilia l’Arabia italiana per il clima ed il suolo e indicava il riproduttore orientale come il più conveniente alla produzione.
Il 3 ottobre 1990, l’International Stud Book Committee ha approvato lo Stud Book Italiano che è il libro genealogico dei cavalli di puro sangue destinati alla produzione della loro razza, riconoscendo di fatto il Purosangue Orientale Siciliano.
Per quanto riguarda la morfologia, il Puro sangue Orientale considerato un mesomorfo e mesodolicomorfo è caratterizzato da una splendida armonia delle forme. Sobrio, rustico e resistente, è dotato di coraggio ed equilibrio ed ha un temperamento particolarmente vivace e brillante pur avendo carattere mite. La testa è piccola, con fronte larga, profilo rettilineo o leggermente concavo, l’occhio è grande, vivace ed espressivo, le ganasce ben marcate e ben distanziate, le narici ampie.
Il collo, di giuste dimensioni, è perfettamente attaccato alla testa ed al tronco. Quest’ultimo è raccolto, con spalla ben muscolosa, petto largo, torace ampio e profondo, groppa larga con sviluppate fasce muscolari. Gli arti sono robusti, caratterizzati da articolazioni spesse, con tendini asciutti e ben rilevati. Il piede presenta uno zoccolo duro, compatto, uniformemente liscio, con talloni correttamente sviluppati. Il mantello può essere grigio, sauro o baio spesso caratterizzato da riflessi con lucentezza metallica; la pelle è fine, i crini sericei. La coda è sempre portata con estrema eleganza. L’altezza è compresa tra m 1,45 e m 1,55; può raggiungere a volte la misura di m 1,60.
Le sue andature sono sempre eleganti, ampie ed elastiche. Caratteristiche che lo rendono idoneo alla sella ed al tiro leggero, con particolare predisposizione per la corsa e le prove di resistenza. sulle lunghe distanze.
Attualmente in Sicilia l’allevamento del PSO in purezza è portato avanti grazie all’impegno dell’Istituto Incremento Ippico della Sicilia e degli allevatori aderenti all’ASCO (Associazione siciliana cavallo Orientale).


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